Il prestito vitalizio ipotecario

Il prestito vitalizio ipotecario

Cos’è e chi può richiederlo 

Il prestito vitalizio ipotecario (in appresso PVI) si pone come una possibile alternativa offerta ad una particolare categoria di cittadini, quelli di età superiore a 60 anni, che per risolvere i loro problemi di liquidità fino ad oggi non avevano praticamente nessun accesso al credito bancario, ma avevano a loro disposizione unicamente il classico strumento della vendita della nuda proprietà dell’immobile, con riserva del diritto di usufrutto o abitazione.Si tratta di un finanziamento a medio-lungo termine, con capitalizzazione annuale degli interessi e delle spese, concesso dalla Banca, o altro intermediario finanziario a persone fisiche di età superiore a 60 anni (la precedente legge poneva un limite minimo di 65 anni), e garantito da un’ipoteca di primo grado su un immobile residenziale (è espressamente vietato che la Banca possa iscrivere ipoteca su più di un immobile).

Il PVI può essere concesso anche congiuntamente a più persone, purchè tutte dell’età prevista e, anzi, qualora il soggetto finanziato sia coniugato o convivente more uxorio da più di cinque anni  e l’immobile da ipotecare in garanzia del PVI  costituisca la residenza di entrambi i coniugi o conviventi, la cointestazione del contratto diviene obbligatoria, anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi. Se il prestito è concesso a più persone il rimborso integrale può essere richiesto solo al momento della morte del più longevo dei contraenti.

Nella Gazzetta Ufficiale del 16 febbraio 2016, n. 38, è stato pubblicato il Regolamento del Ministro dello sviluppo economico (Decreto 22 dicembre 2015, n. 226), sul prestito vitalizio ipotecario. Diventa, pertanto, definitivamente operativa la disciplina in tema di prestito vitalizio ipotecario di cui alla Legge 2 aprile 2015, n. 44, la quale aveva assegnato proprio a tale regolamento il compito di delineare la disciplina di attuazione.

 

Come funziona 

La tipicità dell’istituto, molto diffuso nei paesi di tradizione giuridica anglosassone,  sta nel fatto che il capitale finanziato non viene rimborsato con un normale piano di ammortamento rateale, ma, soltanto, integralmente ed in unica soluzione, al verificarsi di determinati presupposti:

  1. al momento della morte del soggetto finanziato (o del più longevo tra i soggetti finanziati), in occasione della vendita – o del trasferimento ad altro titolo, purchè non a titolo successorio – della proprietà o di un diritto reale di godimento sull’immobile ipotecato qualora siano imputabili al soggetto finanziato, o a terzi datori d’ipoteca, atti compiuti con dolo o colpa grave che riducano significativamente il valore dell’immobile  in caso di costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi;
  2. qualora siano apportate modifiche materiali all’immobile rispetto al suo stato originale, come documentato in sede di perizia e dalla documentazione catastale, senza accordo con il finanziatore, ovvero modifiche del suo stato giuridico che limitino la libera circolazione qualora l’incuria o la mancanza di adeguata manutenzione abbia determinato la revoca dell’abitabilità dell’immobile;
  3. qualora altri soggetti, dopo la stipula del finanziamento, prendano la residenza nell’immobile, ad eccezione dei familiari del soggetto finanziato; a questi fini come familiari si intendono i figli, nonché  il coniuge o convivente more uxorio e il personale regolarmente contrattualizzato che convive con il soggetto finanziato per prestare a lui o alla sua famiglia i suoi servizi;
  4. nel caso in cui l’immobile oggetto di garanzia subisca procedimenti conservativi o esecutivi di importo pari o superiore al venti per cento del valore dell’immobile concesso in garanzia o ipoteche giudiziali.

In pratica il soggetto finanziato non deve rimborsare nulla  alla banca fino a che resta in vita, poiché l’obbligo di rimborso graverà sui suoi eredi, salva l’ipotesi in cui, prima della morte, si verifichino gli eventi eccezionali di cui sopra. Al momento del decesso, gli eredi dovranno rimborsare in unica soluzione il capitale e gli interessi maturati nel tempo (al tasso fisso, variabile o misto previsto dal contratto), capitalizzati annualmente. E’ prevista tuttavia la possibilità che il finanziato si accordi con la banca per rimborsare gradualmente in vita gli interessi e le spese, evitandone così la capitalizzazione annuale, e consentendo ai suoi eredi di dover rimborsare unicamente la somma capitale. In tal caso il finanziatore, in caso di inadempimento da parte del finanziato, non può chiedere la risoluzione del contratto (e quindi la restituzione dell’intero importo dovuto) se non quando il mancato pagamento delle rate non si verifichi almeno sette volte, anche non consecutive.

Le tutele per gli eredi 

Sono poi previste una serie di cautele per evitare che alla morte del finanziato i suoi eredi si trovino nell’impossibilità di provvedere al rimborso:

  • se entro 12 mesi dal decesso il finanziamento non sia stato integralmente rimborsato, la banca ha facoltà di vendere l’immobile, senza necessità di dover ricorrere ad un’ordinaria procedura esecutiva giudiziaria, al prezzo determinato da un perito indipendente. Se entro altri 12 mesi la vendita non si è perfezionata, il prezzo si riduce del 15% per i successivi 12 mesi, e così via fino a quando l’immobile non viene effettivamente venduto. In alternativa gli eredi, d’accordo con la banca, possono provvedere in proprio alla vendita, purchè si realizzi entro il termine di 12 mesi;
  • se il prezzo di vendita dell’immobile non copre per intero la somma da rimborsare alla banca tra capitale ed eventuali interessi capitalizzati gli eredi non rischiano niente (se non la perdita dell’immobile ovviamente), in quanto la norma prevede espressamente che “l’importo del debito residuo non può superare il ricavato della vendita dell’immobile, al netto delle spese sostenute”. Quindi il rischio che la vendita si perfezioni ad un prezzo insufficiente al rimborso integrale grava sulla banca.

Diversamente, se il prezzo ricavato è superiore all’importo dovuto alla banca, l’eccedenza va riconosciuta in favore degli eredi (c.d. patto marciano, che già oggi la giurisprudenza della Cassazione qualifica come elemento necessario per riconoscere la validità di operazioni analoghe a quelle previste dalla norma in esame).

Ulteriori norme di tutela sono previste a garanzia dell’acquirente dell’immobile (nei cui confronti non sono efficaci eventuali trascrizioni di domande giudiziali volte a contestare la legittimità dell’acquisto da parte degli eredi, o relative ad eventuali lesioni di legittima), così come sotto il profilo fiscale, riconoscendosi l’esenzione da ogni imposta del contratto di finanziamento, salva l’applicazione della c.d. imposta sostitutiva dello 0,25 % sull’importo finanziato, a prescindere dalla durata effettiva del PVI.

Le criticità

  1. La previsione normativa della capitalizzazione annuale degli interessi può produrre una crescita esponenziale del debito nei confronti del soggetto finanziatore, tale da eguagliare nel giro di pochi anni o anche superare – particolarmente quando l’aspettativa di vita del soggetto finanziato sia sufficientemente lunga – il valore dell’immobile dato in garanzia. Il finanziato può ovviare a tale problema pattuendo il rimborso totale o parziale degli interessi durante la vita del soggetto finanziato stesso, ma tale pattuizione è facoltativa, e in mancanza gli eredi sicuramente non saranno tenuti a rimborsare l’eventuale maggiore debito accumulato, ma quasi certamente perderanno l’intero valore dell’immobile.
  2. La norma sancisce il diritto della banca di recuperare il proprio credito al di fuori di qualsiasi procedura esecutiva immobiliare, evitando sì le lungaggini giudiziarie, ma anche le tutele per il debitore che tale procedura comporta. In sostanza la procedura di recupero del credito derivante dal PVI è interamente “degiurisdizionalizzata” ed affidata allo stesso creditore, che ne gestisce ogni fase, dalla nomina del perito alla vendita del bene, fino alla restituzione agli eredi dell’eventuale eccedenza del prezzo ricavato rispetto al debito garantito. Tale tendenza legislativa (confermata anche dalla recentissima normativa sul credito immobiliare ai consumatori), solleva non pochi dubbi sull’effettiva capacità di una delle parti in causa (la banca) di gestire la procedura con modalità che possano tutelare gli interessi anche della controparte (i debitori).
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